Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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STORIA DELLA POLIZIA SCIENTIFICA (dr. Angelo Vicari)

 LA POLIZIA SCIENTIFICA APPLICA CON
METODO RAZIONALE ALLE FUNZIONI DI
POLIZIA LE COGNIZIONI FORNITE DALLA
ANTROPOLOGIA, DALLA BIOLOGIA, DALLA
PSICOLOGIA, DALLA MEDICINA LEGALE,
DALLA SOCIOLOGIA, DALLA FISICA E DALLA
CHIMICA.

       SALVATORE OTTOLENGHI (1902)

E’ impossibile datare la nascita della Polizia Scientifica, anche se è stata sempre avvertita in tutte le società civili la necessità dell’identificazione personale di coloro che delinquono.
Fin da tempi remoti,vari erano i metodi per sopperire a tale esigenza come quello di apporre sul corpo dei criminali marchi a fuoco che indicavano la lettera iniziale del reato commesso.
In mancanza di elementi caratteristici (cicatrici, tatuaggi) ci si basava sulla memoria fotografica degli investigatori. Nel 1830, a Parigi, fu ideato il sistema della parata; gli ispettori di polizia erano obbligati a recarsi presso le carceri ed osservare, per ore ed ore, i detenuti che sfilavano in circolo davanti a loro, perché i volti fossero impressi nelle menti degli investigatori, così da poter essere riconosciuti in futuro.
Bisogna attendere l’inizio del XIX secolo, con la riproduzione fotografica dell’immagine attraverso il procedimento chiamato dagherrotipia,inventato da Louis Daguerre nel 1839, per passare dai metodi empirici della identificazione del reo a quelli scientifici.
Il padre del primo metodo scientifico di segnalamento fu l’illustre sconosciuto impiegato della Prefettura di Parigi Alphonse Bertillon (1853-1914). Il bertillonage prevedeva la possibilità di identificazione dei criminali mediante la rilevazione metrica (segnalamento antropometrico) di 11 misure fisse del corpo (es. apertura delle braccia, statura, circonferenza del capo), oltre al segnalamento descrittivo (le portrait parlè) e a quello fotografico.
Parallelamente, in Inghilterra, si sviluppò nello stesso periodo il metodo di identificazione, più semplice ed esatto, attraverso il procedimento di rilevazione delle impronte digitali, già in uso nell’antica Babilonia, sperimentato con successo in India, ed applicato grazie anche agli studi dell’inglese Francis Galton (1822-1916), antropologo, che pubblicò nel 1893 un libro sull’argomento dal titolo Fingerprints.
Tale procedimento fu possibile grazie agli studi del biologo italiano Marcello Malpighi (1628-1694), uno dei pionieri del microscopio, che, nel 1686, riscontrò nell’epidermide umana la presenza di cinque strati (basale, spinoso, granuloso, lucido, corneo).
Il Malpighi riuscì a dimostrare l’immutabilità delle impronte digitali, che si formano fin dal terzo mese di gravidanza, nonché peculiarità diverse per ciascun individuo (esiste una possibilità su 64 miliardi che due persone possano avere impronte uguali; a differenza del DNA, neppure i gemelli monozigoti possono fare eccezione). Infatti lo stato corneo, anche quando è rimosso, si ricostruisce attraverso gli strati sottostanti, con le medesime caratteristiche.
Quindi, l’impronta potrebbe essere distrutta volontariamente solo con l’asportazione dello stato basale, o per malattie come affezioni cutanee gravi o lebbra, ma, sia nella prima che nella seconda ipotesi, rimarrebbe la presenza di cicatrici che avrebbero ugualmente un valore di elemento di identificazione (oltre alla perdita di sensibilità al tatto).
In Argentina, nel 1891, Juan Vucetich, fu il primo a livello mondiale ad elaborare una classifica dattiloscopia.
In Europa, nel 1900, il primo sistema di classificazione delle impronte digitali fu messo a punto in Inghilterra da Richard Henry che si avvalse degli studi teorici del Galton.
Nella classifica di Henry e in quella di Vucetich trovano le loro radici tutti gli attuali sistemi di classificazione a livello mondiale.
Gli Stati Uniti, nel 1905, furono il primo paese che seguì l’esempio della Gran Bretagna nell’adottare il metodo di identificazione mediante la dattiloscopia, sottoponendo al prelievo delle impronte i detenuti.
Anche in Italia doveva essere particolarmente avvertita da parte della polizia la necessità di poter disporre di metodi scientifici nel campo dell’indagine criminale, basato solo su metodi empirici tradizionali.
Tanto è vero che lo stesso Cesare Lombroso (1835-1909), che rivelò per primo la natura dell’uomo delinquente, affermò che noi abbiamo fatto finora la polizia come si faceva la guerra ai tempi eroici, tutto a casaccio, ad empirismo, dove il merito individuale di alcuni pochi, in astuzia ed in forza muscolare decideva solo della vittoria.
Occorreva una polizia ben pagata e retta con criteri scientifici capace di fotografare, telegrafare e soprattutto di conoscere l’uomo delinquente e di combattere i nuovi mezzi del delitto.
La conoscenza dei delinquenti, come quella dei malati per i medici, è essenziale per i funzionari di polizia e per i magistrati.
E fu proprio un allievo del Lombroso a farsi carico di colmare tale lacuna con l’applicazione nel Nostro Paese del metodo scientifico nelle indagini di polizia, cosicché  dall’Italia venne il primo esempio di una vera Scuola ufficiale completa di Polizia Scientifica, con l’insegnamento del metodo razionale, obiettivo, scientifico, che deve informare le indagini nella ricerca del vero, così da formare attorno alla Pubblica Sicurezza un’aureola di simpatia da favorire l’incoraggiamento e il concorso da parte della popolazione in sostituzione dell’attuale diffidenza, dell’attuale opposizione.
Infatti ispiratore e fondatore di tale scuola fu il Prof. Salvatore Ottolenghi, ordinario di Medicina legale nella R. Università di Roma, nato ad Asti il 20 Maggio 1861 e deceduto all’età di 73 anni a Roma il 28 luglio 1934, che collaborò con Lombroso alla stesura della famosa opera  L’uomo delinquente.
In precedenza vi erano stati dei tentativi isolati di costituire gabinetti scientifici di polizia come a Napoli nel 1892, dove il Questore Sangiorgi incaricò il Prof. Abele De Blasio, antropologo, di segnalare i delinquenti pericolosi con il metodo di Bertillon.
In questa sua impresa il Prof. Ottolenghi si avvalse della preziosa collaborazione di funzionari di polizia come Umberto Ellero e Giovanni Gasti.
Ellero si interessò prevalentemente del settore della fotografia giudiziaria; nel 1900 inventò le  gemelle Ellero, un complesso formato da due apparecchi fotografici per fotografare simultaneamente il fronte ed il profilo destro di un soggetto, anticipando l’apparato identisystem.
Al Gasti dobbiamo riconoscere il merito di aver studiato e messo a punto, tra il 1900 ed il 1905, la classifica dattiloscopia che porta il suo nome, innovata con l’introduzione del sistema di riconoscimento automatico  A.F.I.S. (Automatic Fingerprint Identification System), basato sulla localizzazione e codificazione dei punti caratteristici.
Il Prof. Ottolenghi, indotto specialmente dall’abisso che vedeva esistere fra le verità scientifiche e la pratica nel campo della polizia, sorpreso di vedere così poco utilizzate le nuove conoscenze sulla natura dei rei,già nel 1896, aveva organizzato un corso di Polizia Scientifica presso l’Università di Siena.
Nell’ottobre del 1902, l’Ottolenghi ebbe l’incarico ufficiale dal Ministro Dell’Interno Giolitti di tenere un corso di conferenze a 35 funzionari di polizia nella sala dei riconoscimenti del carcere di Regina Coeli.
Visto il successo riscosso da tale iniziativa, lo stesso Ministro fece organizzare all’Ottolenghi, dal 2 aprile al 30 luglio 1903, un vero e proprio corso di Polizia Scientifica ai nuovi agenti di Pubblica Sicurezza.
Con decreto del Ministro dell’Interno Zanardelli, del 25 ottobre 1903, tale corso divenne obbligatorio per l’accesso nell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza.
Per lo sviluppo e l’importanza dell’attività della scuola, finalmente con R.D. del 7 dicembre 1919, n.2504, ritenuta la necessità di dare stabile e regolare assetto giuridico alla Scuola di Polizia Scientifica che già in atto esiste e funziona, venne istituita in Roma, alla dipendenza del Ministero dell’Interno, la Scuola di Polizia Scientifica per l’istruzione e preparazione dei funzionari e degli agenti di Pubblica Sicurezza.
Con R.D.L. del 5 aprile 1925, n.441, la Scuola di Polizia Scientifica fu trasformata in Scuola Superiore di Polizia.

Firenze 10 febbraio 2019                                 ANGELO VICARI

 


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